
Sulle orme di don Antonio
Anche quest’anno, domenica 30 settembre, ci siamo messi in cammino con il nostro parroco per il consueto pellegrinaggio parrocchiale, andando a posare il piede sulle orme di don Antonio Seghezzi e, dopo aver raggiunto con il bus la chiesa del Patronato S. Vincenzo di Bergamo, edificio dove don Antonio alloggiava, don Gianluca ci ha descritto la struttura e ci ha parlato del suo fondatore don Bepo Vavassori collegandolo con la figura di S. Giovanni Bosco; ci siamo poi incamminati verso Almenno S. Bartolomeo, più precisamente verso la Rotonda di S. Tomè.
Dopo aver atteso l’arrivo dei compaesani che hanno raggiunto il luogo nel pomeriggio, il sig. Enzo, custode e guida della rotonda di S. Tomè, ci ha raccontato la storia di questo luogo, conducendoci verso quella che era l’antica entrata del monastero annesso alla chiesa dalla quale si poteva poi accedere all’edificio ecclesiale a pianta circolare in stile romanico risalente alla prima metà del XII secolo, dedicato a San Tommaso.
Oltre ai tre cilindri concentrici, ammirati dall’esterno, che costituiscono l’edificio, abbiamo osservato internamente le sette colonne che lo sostengono, una per ogni giorno della creazione e l’ottava che ricorda la risurrezione di Cristo, molto belli e splendidamente scolpiti anche i capitelli posati all’incrocio dei quattro punti cardinali; di particolare interesse pure la luce proiettata all’interno del tempio da fessure studiate in modo da invitare chiunque entri ad alzare gli occhi.
Alzo gli occhi: da dove mi verrà l’aiuto? (Salmo 120)
Non è stato questo un cammino particolarmente impegnativo dal punto di vista fisico, ma profondo nella natura delle figure che abbiamo incrociato: don Bepo, don Bosco, don Antonio, tutti accomunati dalla stessa opera a servizio dei ragazzi e dei giovani e, non a caso, don Gianluca ci ha quindi ricordato l’imminente inaugurazione del nuovo oratorio dove, primi fra tutti, i giovani dovrebbero sentirsi accolti e guidati attraverso un “cammino” fatto non soltanto di passi che spostano il nostro corpo da un luogo verso un altro ma di un percorso di accompagnamento totale, anche rallentando per aspettare chi cammina in modo più lento, condividendo le idee per andare incontro alle necessità di una comunità intera.
Don Gianluca durante la sua omelia, ha utilizzato parole molto forti, riflettendo sul vangelo di Marco, per ricordare che non dovremmo considerare e nemmeno considerarci parte di un gruppo piuttosto che di un altro cadendo in questo modo nello stesso errore commesso degli apostoli:
“Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”.
Dovremmo fare in modo che ne mano, ne piede, ne occhio siano motivo di scandalo, per non diventare simili a spazzatura da gettare nella valle di Ennom, presso Gerusalemme, divenuta immondezzaio della città e definita Geènna.
Don Gianluca ha poi concluso richiamando la nostra attenzione sulla figura principale che ci ha accompagnato lungo questo cammino, “don Antonio” diceva la nostra guida spirituale, “non distingueva gli uni dagli altri ma era pronto ad accogliere chiunque”.
[…] ”Nessuna generazione è stata così tartassata, spinta sui limiti della disperazione. È l’ora in cui tutto sta perdendosi, apparentemente, ma è forse anche il momento in cui i giovani ci chiamano, noi sacerdoti, come non mai” (Don Antonio Seghezzi)
Demetrio Seghezzi